Brand Journalism Vs Content Marketing, il gioco delle differenze
Premessa non scontata: a dispetto del pensiero di molti, il giornalismo “vero” – quello che deve rispondere a una serie di regole deontologiche, rigoroso e fondato su un senso etico – può anche essere impiegato per aiutare un’impresa profit o no-profit a raggiungere un obiettivo.
Io lo so bene però, che molti tra voi che state leggendo, magari anche tu, non riesci a capacitarti di come questo sia possibile.
“Ma come, il giornalismo non deve essere libero?”. Certo, è auspicabile, perlomeno quando si parla di giornalismo ben fatto!
Ma cosa si intende per “libertà”?
Pensa alle grandi testate nazionali e internazionali: hanno tutte un editore a cui, in qualche modo, devono rendere conto per i contenuti che pubblicano. E non sto parlando di censura, ma di linea editoriale: esiste, per ogni testata, un sistema valoriale più o meno complesso, stabilito dall’editore, al quale essa deve guardare per confezionare i propri contenuti.
Per il Brand journalism il punto di partenza è esattamente lo stesso: i contenuti offerti dal giornalismo di marca devono riflettere i valori dell’azienda per la quale vengono prodotti e che, a tutti gli effetti, è l’editrice.
E i contenuti di Brand journalism hanno un valore reale, contribuiscono a educare il lettore a comprendere la realtà delle cose e creano fiducia e coinvolgimento.
Brand journalism e content marketing: corteggiatori raffinati, ma differenti tra loro
LEGGI ANCHE:
Brand Journalism e Content Marketing, qualche esempio pratico
Rakhal Ebeli, stimato giornalista e presentatore australiano (fondatore peraltro della piattaforma per il commercio online di contenuti giornalistici Newsmodo), fine conoscitore delle dinamiche che guidano il giornalismo d’impresa, ha fornito la definizione di Brand Journalism differenziandola dalla strategia “cugina” con cui spesso viene confusa: il Content marketing. Perché è vero che entrambi, in fondo in fondo, condividono gli obiettivi di aumentare la reputazione del marchio e di fidelizzare i clienti. Ma il modus operandi delle due strategie, e ancor più le finalità, sono un filino differenti. Almeno quel tanto che divide chi ti corteggia mostrandoti quegli aspetti della sua vita che sa che a te piacciono e in una forma che ok, per te è arricchente, ma con l’obiettivo primario di conquistarti quanto prima, e chi invece preferisce mostrarsi per i valori in cui crede, nemmeno palesandosi troppo, con l’obiettivo sì di conquistarti, ma solo dopo che sei realmente convinto che siate fatti l’uno per l’altra. Perché così potrà durare di più.
Il primo tipo è il Content Marketing, il secondo è il Brand Journalism. Stringetevi la mano e scegliete in quale avventura impelagarvi.
Coolturale ha deciso di avventurarsi nel Brand Journalism, e in maniera pesante: è una di quelle storie che si trascinano anche sul lavoro! Ma puoi scoprire anche tu il vantaggio che il BJ può darti sul tuo mercato di riferimento.
“Avvocato della marca” vs “Avvocato del pubblico”
Per marcare le differenza tra Content Marketing e Brand Journalism, Ebeli utilizza una metafora che consente immediatamente di individuare i primi beneficiari dell’azione delle due strategie. Secondo la definizione di Ebeli, il Content marketing sarebbe l’”avvocato della marca”, mentre il Brand journalism vesterebbe i panni di “avvocato del pubblico”. Una definizione efficace che descrive in una manciata di parole quale sia il primo beneficiario delle azioni delle due strategie: per il Brand journalism si tratta del pubblico della marca (che comprende sia i clienti già acquisiti che quelli potenziali); il Content marketing mette invece al centro gli interessi della marca stessa. Vediamo nel dettaglio come agiscono i due ruoli sul piano operativo.
L’esperto di Content marketing di un’azienda ha il compito di offrire contenuti di qualità che seleziona perché sa che sono ritenuti interessanti dallo stesso pubblico di riferimento, e lo fa utilizzando media diversificati – blog, video, podcast. Il contenuto veicolato riflette lo stile del marchio e i suoi valori. L’obiettivo è quello di ottenere in cambio per l’azienda un’azione redditizia, dall’iscrizione alla newsletter al lasciare i propri dati (la cosiddetta Lead generation), fino all’acquisto di un bene, prodotto o servizio, che è sempre e comunque il fine ultimo di qualsiasi azione di marketing. Insomma, contenuti sì di valore, ma finalizzati alla fidelizzazione dei clienti già esistenti e ad acquisirne di nuovi. Insomma, come scrive Cristina Maccarrone nell’indispensabile volume “L’impresa come media”, scritto a quattro mani con Roberto Zarriello, col content marketing si informa, sì, ma per vendere. Per consultare dei contenuti informativi che vogliano invece diffondere in primis valori e cultura, un’azienda deva affidarsi al Brand Journalism.
L’avvocato del pubblico, il Brand Journalism, produce infatti contenuti informativi finalizzati in prima battuta ad arricchire la conoscenza del lettore. L’obiettivo è quello di confezionare un prodotto editoriale autonomo rispetto all’azienda – ad esempio un magazine online con sito del tutto staccato da quello aziendale – con contenuti di peso che rispecchiano il sistema di valori su cui si fonda l’azienda, in modo da diventare un punto di riferimento informativo per il lettore. Si attiverà così, indirettamente, un processo a lungo termine che porterà l’azienda a posizionarsi nella mente dei lettori-potenziali consumatori come autorità nel proprio settore e come fonte informativa affidabile.
Partendo dai valori dell’azienda, il brand journalist identifica le storie degne di essere raccontate a chi, cliente o meno, condivide il sistema valoriate della marca.
Da che angolo raccontarla? Con quale media? Contribuirà davvero ad arricchire il lettore? Sono queste le domande che un brand journalist è abituato a farsi a ogni passo, a differenza di quanto faccia un esperto di content marketing.
Per questo i migliori progetti di brand journalism si sono trasformati nel tempo in testate giornalistiche riconosciute come autorità indiscusse nel loro campo. E le conversioni e l’acquisizione di clienti arrivano con il tempo come naturali conseguenze della fidelizzazione e dell’aumentata reputazione del marchio, non come obiettivo chiave del progetto.
A ogni marchio il suo Brand Journalism
Come fare per iniziare? Il BJ sarà adatto a tutte le aziende, anche per le più piccole? Come fare per capire quale sia il media più adatto? Che tipo di storie posso raccontare?….Quante domande ti sono venute in mente! Ti prometto che risponderò a tutti i tuoi dubbi nei prossimi articoli del blog, ma nel frattempo puoi scrivere le tue curiosità e i tuoi commenti qua sotto!
Oppure puoi contattarmi in ogni momento per farci una chiacchierata senza impegno, così capiremo insieme quale possa essere la strategia di BJ migliore per la tua azienda.